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Un paio di scarpette rosse, una carrozzina, una molletta che trattiene capelli ondulati, grandi occhi blu dalle ciglia cariche di mascara.
Dettagli vividi che emergono da brevi amnesie.

In un periodo della sua vita particolarmente difficile, la narratrice, nella quale il lettore può riconoscere l’autrice stessa, inizia a soffrire di fulminee perdite di conoscenza, flashback che la immergono in storie diversissime dalla sua, storie di donne lontane, eppure connesse al suo presente da una segreta corrispondenza.
Accade con Eloisa, splendida cocotte il cui destino viene rovesciato dalla Comune parigina del 1871: il desiderio di seguire la sua vicenda coincide con la fine del matrimonio della narratrice; e con Sofia, una ragazza russa che vorrebbe diventare attrice ma non ha fatto i conti con l’amore e con la Rivoluzione d’ottobre, offrendo a chi racconta una misura delle sue stesse scelte; poi con Elda, giovane operaia friulana, realmente esistita nello spietato inverno fra il 1944 e il ’45, e infine con una diciassettenne della Swinging London libera e malintesa dei primi anni sessanta.

Legate tra loro da una trama che supera le epoche in cui hanno vissuto, tutte arrivano a deviare e ad ampliare il corso dell’esistenza della donna che le racconta.
Perché, suggerisce Comencini, la scrittura è atto che modifica, che travolge: “la letteratura è un’esistenza nascosta e pericolosa.”
Questo è un romanzo pubblico e insieme personale, storico e attuale.

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