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“Fata Morgana è dunque una mostra sulle immagini che credono in se stesse, sulle voci che parlano attraverso gli artisti, e su quella linea sottile che separa la conoscenza dal mistero, la visione dalla rivelazione”. (Aldo Premoli).

Giovani artisti, maestre del Novecento, sacerdotesse teosofiche e un palazzo eccentrico si incontrano nella grande mostra Fata Morgana, tra realtà e allucinazione, memoria e conoscenza

È impossibile non associare il significato dell’esposizione aperta a Palazzo Morando a quella curata da Massimiliano Gioni per la 55ª edizione della Biennale di Venezia.
In Fata Morgana: memorie dell’invisibile Gioni è accompagnato nella curatela da Daniel Birnbaum (a sua volta direttore della Biennale del 2009) e da Marta Papini.
Ma percorrendo le sale del museo il pensiero torna ad allora. Nel suo Palazzo Enciclopedico Gioni orchestrava un dialogo tra artisti affermati e outsider visionari a partire dal Libro Rosso di Carl Gustav Jung, dove, tra realtà e allucinazione, viene proposta una riflessione unica sul rapporto tra arte e conoscenza.

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