Nel cuore della filosofia buddhista tibetana si trova il concetto di śūnyatā, comunemente tradotto come vuoto.
Questo “vuoto” non è semplice assenza o un nulla sterile.
Non è uno spazio da temere, ma un luogo da comprendere.
È la liberazione dalle illusioni, la scoperta che, nel lasciare andare le false costruzioni dell’Io e del mondo, si apre uno spazio di libertà e di saggezza.
Dire che un fenomeno è vuoto significa riconoscere che non possiede un significato fisso, immutabile o indipendente.
Il vuoto non nega l’esistenza della realtà, ma porta in luce la sua natura flessibile, impermanente, fluttuante.
In questo senso, il vuoto è anche pienezza: un campo aperto di possibilità, in cui tutto è in costante trasformazione.
Questo è espresso nella formula: “la forma è vuoto e il vuoto è forma”.
A volte, però, come nella cultura ipermoderna, il vuoto è solo vuoto e il pieno, è pieno di nulla.
Photo by Mara Triplete Bonazzi
One response
Questo tema è affascinante e mi fa ricordare un’esperienza fatta nelle steppe della Norvegia nel 1975 dove il silenzio totale faceva rumore. Era una sensazione assolutamente nuova e sconosciuta.
Grazie per avermi risvegliato queste perfezioni e sensazioni.