La vita somiglia a un agrume: un frutto semplice in apparenza, ma complesso nella sua struttura interna.
La scorza ruvida e resistente è ciò che mostriamo al mondo: un involucro che protegge le parti più delicate di noi.
È il ruolo che interpretiamo, è la distanza di sicurezza tra la nostra natura umana e ciò che gli altri possono toccare.
Quando però si decide di incidere quella scorza, in modo volontario o, talvolta, imposto dagli eventi, emerge subito l’aroma.
Prima ancora del sapore, c’è il profumo che si sprigiona nell’aria: note fresche, leggere, quasi luminose.
È la parte di noi che non è ancora gusto, non è ancora esperienza piena: è promessa, possibilità, intuizione.
Poi arriva l’assaggio.
L’acidità non è un difetto, ma l’essenza stessa del frutto.
Il senso dell’aspro nella vita è l’impatto diretto con la realtà: le difficoltà, le frustrazioni, le perdite, quelle esperienze che inizialmente stringono i muscoli del volto.
Eppure, persino nell’asprezza, rimane qualcosa di prezioso: quel profumo che continua ad aleggiare, quella nota fresca che ci ricorda che la vita non è solo urto, ma anche rivelazione.
È equilibrio possibile tra durezza e dolcezza, tra ciò che ferisce e ciò che illumina.
In fondo, vivere, significa imparare a gustare l’aspro senza dimenticare l’aroma.
Vuol dire riconoscere che la nostra crescita nasce proprio dalla scorza che ci protegge, dal sapore che ci scuote, dal profumo che ci guida.
E comprendere che, come gli agrumi, anche noi siamo fatti per essere condivisi.
Il nostro senso più autentico si sprigiona quando accettiamo di farci scalfire, di lasciare che qualcuno senta il nostro profumo e assaggi, con rispetto, la nostra essenza.
Photo by Mara Triplete Bonazzi

No responses yet