Le fusa del gatto non chiedono nulla ma, semplicemente, accadono.
Sono un linguaggio preconcettuale, una vibrazione prima del pensiero, quasi un mantra naturale.
Spinge chi le ascolta a confrontarsi con una dimensione dell’esperienza che non passa attraverso il discorso, ma attraverso la risonanza.
Le fusa diventano così un esercizio filosofico involontario: un invito alla presenza.
In quel ronzio costante c’è un modello di equilibrio che non si fonda sul controllo, ma sull’abbandono fiducioso al momento.
Ascoltare un gatto che fa le fusa significa praticare un’etica dell’attenzione e lasciare che i significati emergano in nuove forme, forse, più sottili.
Photo by Mara Triplete Bonazzi
( guest star: Pepe)


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